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27 novembre 2012

Cosa serve

Ci vuole una storia ma io non ce l'ho.
C'è un bisogno, e sa di scrittura, ma io lo so, quello che serve è una storia. Anche se esiste, cruda e reale, questa fame che preme e indurisce come un desiderio sfrontato e senza regole.
Un attore si fa simbolo e vive, e se vive deve avere la sua storia, una direzione, e un mondo - meglio se piccolo -  in cui vivere e in cui camminare, perchè l'indeterminatezza è quasi sempre una scelta, e perciò molto più di una colpa. E' una forma di arroganza.

Non da questa collera













Non da questa collera, anti-culmine dopo
Che il rifiuto paralizzò i suoi fianchi e il fiore zoppo
Si curvò come una bestia a lappare il fiotto solitario,
In una terra cinghiata dalla fame,
Ella riceverà una scorpacciata d’erbacce
E potrà generare quelle mani viticce che palpo
Attraverso i tormentati, due mari.
Dietro il mio capo un quadrato di cielo s’affloscia
Sul sorriso circolare lanciato da amante ad amante
E la palla dorata rotola via dai cieli;
Non da questa collera, dopo
Che il rifiuto rintoccò come campana sott’acqua, il suo sorriso
Potrà generare quella bocca, dietro lo specchio,
Che brucia lungo i miei occhi.

Dylan Thomas


>Ettore Fobo su Dylan Thomas

16 novembre 2012

Quello che rimane

Come in una collana, diverse scene si susseguono una dopo l'altra, vivide e  penetranti. Il morso del gatto, la festa, l'uscita "segreta" con Charlie, il ricordo di un incontro d'amore clandestino e il dolore della perdita, la visita all'amica, la violazione e il furto, l'orrore a casa del custode, e infine una specie di strappo come una presa di coscienza disperata e pacificante. Gli individui popolano le scene come misteriosi involucri, la cui apparenza confonde e mette continuamente alla prova tanto chi ha a che fare con loro quanto chi legge. La prefazione di Franzen è decisamente appassionata e mi aveva messo sulla difensiva, ma ho condiviso molte delle sue considerazioni. La scrittura di Paula Fox è diretta e potente. Ogni frase è li scarna ed essenziale e proprio per questo riverbera altro. Non c'è dialogo in cui non affiori la fatica di capire le ragioni dei gesti e delle parole degli altri, di un mondo che si sgretola e sembra scivolare nell'inciviltà e nel vuoto; il senso celato delle cose che accadono, che confondono con i loro significati segreti. Tutto questo ha tratti troppo familiari per non indurre a tornare indietro molte volte alle parole già lette, scavarle, e sperare di scoprirne altri.




"Su uno dei comodini c'era una pila di romanzi gialli nelle loro copertine economiche simili a quelle delle caramelle.
"Chi li legge? Tu o Flo?",
"Io", rispose con un sospiro e facendosi seducente.
"Per me vanno bene. Passano come un carro armato sopra a ciò che vivo. Uomini potenti. Donne palpitanti... la mente di un assassino esposta come il contenuto di un astuccio di matite per bambini".
"Non stai leggendo quelli giusti".
"Quelli nuovi sono quelli vecchi. La falsa complessità è soltanto un altro tipo di astuccio".
"Cosa succederà?", sbottò lei. "Tutto sta andando al diavolo".

(Quello che rimane, Paula Fox, Fazi Editore, pag.39)

14 novembre 2012

Pecore nella nebbia

Le colline digradano nel bianco.
Persone o stelle mi guardano con tristezza, le deludo.

Il treno lascia dietro una linea di fiato.
Oh lento cavallo color della ruggine, zoccoli, dolorose campane.

È tutta la mattina che
la mattina sta annerendo, un fiore lasciato fuori.



Le mie ossa racchiudono un'immobilità, i campi
lontani mi sciolgono il cuore.

Minacciano
di lasciarmi entrare in un cielo
senza stelle né padre, un'acqua scura


 (Sylvia Plath)