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25 luglio 2013

Rilke - Lettere a un giovane poeta





Circa due anni fa lungo una stradina ai piedi della funicolare di Montmartre ho raccolto una fotocopia sbiadita che invitava a una lettura pubblica delle elegie duinesi. Non sono andata all'incontro, ma da allora ho sempre portato il foglietto con me passandolo di agendina in libro. Sono passati molti mesi, finchè mi sono imbattuta in questo piccolo volume di Adelphi. Non ho ancora letto le elegie, ma di certo adesso so qualcosa sulla fiducia senza ombre che Rilke riponeva nella scrittura.
Nelle lettere a un giovane poeta soprattutto, Rilke dà prova di come i pensieri acuminati possono essere scritti senza acredine, e che se scritte con eleganza le idee più sfrontate sanno giungere dirette taglienti, e pacificanti.
Queste pagine viaggiano senza ostacoli beffandosi beatamente delle barriere del tempo. Vorrei essere il signor Kappus (e certo anche la giovane signora, benchè in questo caso si tratti di lettere molto diverse, meno letterarie), lo invidio per le profonde attenzioni che Rilke gli riserva. E invidio me stessa, perchè per fortunate piccole combinazioni ho idea di cosa sto leggendo.
Va bene che la letteratura non deve essere consolatoria. Ma per l'appunto, le lettere a un poeta colpiscono la mente senza durezza eppure spaccandola in due come una pesca acerba. E però sono anche una limpida pozza nel folto della foresta, dopo aver a lungo intuito l'odore dell'acqua.



22 luglio 2013

16 luglio 2013

Franny e Zooey (J.D.Salinger)

Franny Glass scivola in uno stato mistico-depressivo indotto dalla lettura di un certo libro. Emblematico il fatto, e anche il libro, La via di un pellegrino, che incarna un nodo mai sciolto da S.
Le dinamiche familiari registrano, a valle del duplice suicidio di due dei fratelli Glass, ex Bambini-Eccezionali come gli altri e come Franny stessa, i tentativi della madre Bessie e di uno dei sopravvissuti, Zooey, di suscitare una reazione in Franny, scuoterla dall'ossessivo automatismo linguistico in cui si è rifugiata per sfuggire all'incubo dell'ipercoscienza. Il rimedio di Bessie a base di reiterati inviti a sorbire brodo di pollo - nella speranza probabilmente di farla regredire alla serialità di una struttura mentale di base - fa da contrappeso al nutrimento scelto da Zooey, la sovrastruttura suprema delle parole. Il linguaggio in
effetti invade le pagine di questo libro come un'entità che si fa dilagante e multiforme al pari degli ego straripanti che trasmette. Essere come tutti gli altri - almeno nelle intenzioni -  solo in modo diverso, sembra la consapevolezza più bruciante che emerge da questi dialoghi-monologhi sulla nausea per sè stessi e  per l'umanità. In più di un passaggio è stato strano ritrovarsi a pensare alle circonvoluzioni Wallaciane, e probabilmente non c'è davvero niente di cui stupirsi. E' solo che non avevo mai letto Salinger, e comunque non lo avevo previsto. Dopo molte pagine dense di dubbi sulle differenze tra le varie tipologie di accumulo -  di ricchezze, di frivolezza, di cultura, di spiritualità - esposte nella più articolata serie di complessi atteggiamenti fisici e linguistici, non è facile assorbire le conclusioni cui giunge S. nel finale. Una virata violentemente ottimista, così intrisa dello spiritualismo più biecamente semplificante, da fare davvero impressione.