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14 aprile 2015

Risposte a domande mai fatte

Lo sai ti verrà la tentazione di rinunciare. Ti diranno: la poesia è sempre triste.
E tu sentirai salire in te un imbarazzo perché riconoscerai che è vero.
Per difenderti ti verrà voglia di contraddirti. E perché poi la poesia non potrebbe essere felice?
Ecco ora io ti chiedo: sei felice? Ed è certo che a te come a chiunque altro la domanda sembrerà strana, inopportuna, persino irritante. Che domanda è? Mi stai chiedendo se sono felice in questo momento o in assoluto? E felice come? Ma tutti questi tentativi di scomporre il problema non ti aiuteranno a trovare una risposta.
Non è niente, non devi preoccuparti. La domanda è lecita come lo è il tuo imbarazzo. Dentro di te, fin da molto molto piccola, lo hai sempre saputo. Si tratta proprio di questo. La poesia è la scelta di non rinunciare a niente di quello che ci succede, di non nasconderlo, di andare a raccontarlo al mondo senza omettere il dolore. E' la volontà di non sotterrare il nòcciolo di tristezza che sta proprio nel centro di tutte le felicità e che rende tanto difficile riconoscerle mentre si vivono. Io, si, sono felice. Mi alzo, mangio, lavoro, sposto oggetti, leggo, parlo, agisco, ascolto, sorrido. Me ne vado in giro nella mia felicità portandomi dietro questa piccola sacca di disperata malinconia e di solitudine. Può essere una cosa da nulla, l'aria non abbastanza tersa, la prospettiva di una giornata liscia e senza attese, una musica inadatta, oppure troppo esatta. O una cosa grande come un'assenza, il senso del tempo, o una stanchezza. Un'irragionevole ovvia disperazione.
Andarsene in giro così.
Ecco cos'è, la poesia.

2 commenti:

  1. Ho molto riflettuto su questo tuo scritto. Soprattutto su una delle frasi iniziali: “La poesia è sempre triste”. É entrata dentro di me e ha cominciato a scavare; è una frase vera, ma fa male riconoscerlo. Tuttavia c’è una felicità (assurda?) nell’esprimersi, nel liberare le parole dal loro carcere puramente comunicativo o tautologico. Ecco, penso poi che la poesia racconti la tristezza del vivere per darci gioia. Poi c’è la gioia definitiva, “la gioia dello scrivere” come recita il titolo del volume Adelphi della Szymborska. Dire il dolore è felicità sottile. Dire il nulla è una ricchezza infinita. Cose che tu sai bene e che così bene hai espresso. Un caro saluto, Elena.

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    1. Malinconia, tristezza, noia, ciò che ci rende umani. Anche la più grande felicità non è priva di tristezza, sarà per questo che in entrambi i casi si piange. Far passare sotto silenzio questi aspetti non funziona, tanto varrebbe tacere del tutto. Neanche per me è facile ammetterlo. Non l'avevo mai fatto prima di scriverlo.

      Grazie Ettore. Un caro saluto anche a te
      Elena

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