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24 gennaio 2016

Le farfalle notturne dell'Impero Russo


Questo libro fino ad ora a me sconosciuto di un autore sconosciuto mi è stato regalato anni fa ed è rimasto latente sullo scaffale, occhieggiando un giorno e per molti altri restandosene nascosto dietro altri dorsi e altri titoli e copertine.
Per qualche ragione o per nessuna in particolare ho iniziato a leggerlo un giorno del mese scorso. Si è subito rivelata una lettura originale, di quelle che sembrano avere come obiettivo quello di sgretolare le tue convinzioni personali su ciò che ti piace di più in letteratura. Convinzioni che bisogna dire ci si costruisce quasi sempre in base ad automatismi mentali fuorvianti. L'occhio che guarda sé stesso non restituisce mai, come si può facilmente comprendere, immagini troppo affidabili.

Non si tratta di un romanzo psicologico, o piuttosto lo è moltissimo, ma non è la psicologia dei personaggi ciò che traccia e fa muovere la trama. In copertina si parla di echi di Nabokov e di certo si, gli echi ci sono, anche se non sono le farfalle ad evocarlo. Di Nabokov mi sembra di avvertire il sapore agro di una vicenda che si svolge su piani sovrapposti, uno dei quali, il più affascinante per me, è freddo e cerebrale, l'occhio che guarda sé stesso appunto. Un altro invece è il tema caldo delle ossessioni maschili per la sfuggente natura femminile. Molti i fatti, gli spostamenti tra città e ambientazioni diverse dai nomi evocativi già alla pronuncia, Istanbul, Stoccolma, Livadia, Odessa. Arrivi partenze, dialoghi, attese, contrattazioni, fughe e lingue diverse che finiscono con il confondersi e mescolarsi in un gioco intrecciato di percezioni in cui è impossibile per il protagonista  non perdersi.
La ricerca della farfalla introvabile mi era sembrata fin dal principio una metafora debole, banale, della caccia alla donna inafferrabile (ma le farfalle notturne si presteranno anche ad altre metafore pertinenti alla storia). Eppure Prieto è riuscito a renderla interessante e credibile facendone una tessera inserita in un mosaico più grande, sfumato e complesso, in cui vicende di avventurieri dediti al contrabbando,  astute manovre di prostitute schiave di uomini barbari e pericolosi, donne menomate che diventano loro malgrado strumenti di altrui vite, navi mercantili e treni, attese vane e fughe, fanno da sfondo ad una storia tutto sommato semplice che si riempie di sostanza attraverso la mediazione delle lettere. Si tratta di lettere scritte a mano, esaltate e coltivate con una dedizione quasi compulsiva, e diventano il vero motore dello svolgersi dell'intera vicenda. Lettere che prendono vita ispirandosi a scambi epistolari più antichi sui quali disserta in alcuni casi diffusamente - così come l'autore di questo libro si nutre di molta letteratura del Novecento - cercando e creando con altre più illustri lettere continue corrispondenze, e che andando molto al di là del loro scopo come semplice mezzo di comunicazione, si costituisce come il filo sottilissimo che tiene unite le vite e i loro passaggi incrociati sull'intricata mappa del romanzo.

(Le farfalle notturne dell'Impero Russo, José Manuel Prieto - 2003, Marco Tropea Editore)


Biografia:
José Manuel Prieto è nato all'Avana nel 1962. Laureatosi in ingegneria a Novosibirsk, capitale della Siberia occidentale, è rimasto a vivere in Russia per dodici anni. Durante questo periodo ha lavorato come direttore commerciale in una ditta di esportazioni di dubbia fama ed è stato ingegnere in un piccolo villaggio della Siberia, oltre a svolgere lavori meno confessabili. Sempre in quegli anni ha tradotto dal russo allo spagnolo autori come Josif Brodskij e Anna Achmatova. Attualmente vive in Messico, dove insegna storia russa.

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