La riscoperta di questo brano tratto da Hunky Dory e la ricerca di informazioni sulla sua storia mi ha portato alla pubblicazione di questo post. Propongo una mia traduzione (scusandomi per le probabili inesattezze) di un articolo tratto da Pushing Ahead of the Dame, vera miniera d'oro per quanto mi riguarda, ottima raccolta di analisi, brano per brano, di testi e musiche della sterminata produzione di Bowie. Hunky Dory ha segnato la vera ascesa di Bowie all'Olimpo delle star della musica, e ancora oggi è sorprendente come sia accaduto in questo modo, con brani così atipici, "strani", poco commerciali. The Bewlay Brothers è certamente un brano affascinante, melodico, in cui la passione acustica di Bowie è ancora molto presente, e in questo senso non troppo ostico. Eppure non manca l'unicità di una cifra stilistica che pure con enormi differenze tra un'era e l'altra della sua lunghissima carriera, tra un brano e l'altro dello stesso LP, persino tra una sezione e l'altra dello stesso brano, emerge ineluttabile, e potentemente, qui come altrove. Pur non essendo tra i brani che hanno segnato più di altri la mia crescita musicale, riascoltandolo ho avuto l'impressione di tornare alle origini di qualcosa che mi appartiene profondamente, un'epoca, un momento di formazione, un luogo dove accade qualcosa di specifico, di crescita personale. Probabilmente si tratta soltanto di un'atmosfera che mi cattura ancora con forza dopo moltissimo tempo, cancellando i limiti dello spazio e del tempo.
Ma questo è appunto il grande potere della musica.
The Bewlay Brothers
“L’unica pipa che io abbia mai fumato è stata un’economica Bewlay. Era un articolo piuttosto diffuso negli ultimi anni Sessanta e per questa canzone ho usato il cognome Bewlay al posto del mio. Non si trattava soltanto di una canzone sull’essere fratelli e non volevo che venisse fraintesa usando il mio vero nome. Detto questo, non saprei come definire il testo di questa canzone se non suggerendo che esistono più livelli nascosti al suo interno. E’ un palinsesto, essenzialmente.” – David Bowie, 2008
(Bowie qui usa il termine “palimpsest” nell’accezione artistica del termine, dove il palinsesto è il supporto pittorico di un’opera materica a più strati, probabilmente di opere diverse o composte in tempi diversi. [N.d.T.] )
(Bowie qui usa il termine “palimpsest” nell’accezione artistica del termine, dove il palinsesto è il supporto pittorico di un’opera materica a più strati, probabilmente di opere diverse o composte in tempi diversi. [N.d.T.] )
The Bewlay Brothers è una delle ultime canzoni incise per Hunky Dory, l’unica che Bowie scrisse in studio (per le altre canzoni aveva creato dei demo anche mesi prima delle sessioni di registrazione per l’LP). Decenni più tardi, Bowie descrisse la nascita di questa canzone come impulsiva, quasi l'avesse vomitata: “Avevo avuto enormi ammassi di parole da scrivere tutto il giorno. La sera mi ero sentito distaccato e instabile, qualcosa aveva fermentato nella mia mente.” Registrò la canzone dopo che il resto della band era tornata a casa (anche se in seguito ovviamente ci furono delle sovraincisioni), poi andò a bere al “Sombrero in Kensington High Street, o forse a quel locale fatiscente, La Chasse di Wardour Street”.
Bowie disse che era una canzone per il mercato americano. Quando il produttore gli chiese il perché, Bowie rispose che visto che gli americani amavano psicanalizzare i dischi, trovare indizi sulle copertine degli LP e in frasi buttate giù tanto per dire, aveva scritto una canzone per disorientarli. Al principio era sprezzante riguardo a “The Bewlay Brothers”, la descrisse come “Star Trek con il giubbotto di pelle”, definiva il suo stesso testo incomprensibile. A posteriori sembra che Bowie fosse intenzionalmente evasivo a riguardo, che cercasse di attutire la potenza del brano, di evitare che il pubblico si avvicinasse troppo al suo vero significato.
I biografi hanno proposto interpretazioni risolutive del testo concentrandosi principalmente su Terry, il fratellastro schizofrenico di Bowie. (Cristopher Sandford: “La canzone infatti, aveva a che fare con lo schizofrenico Terry Burns”; George Tremlett spingendosi oltre ha specificato che il brano tratterebbe di una seduta spiritica che Terry e Bowie fecero negli anni ’60). Di sicuro lo sventurato Burns (che Bowie presto allontanò del tutto tagliando ogni contatto con lui) è il cuore della canzone; versi come “Mio fratello giace sui sassi/forse è morto forse no…” oppure “facevamo scappare i ragazzini” sembrano rifarsi ai tempi in cui Burns ebbe attacchi epilettici per strada, contorcendosi al suolo mentre il suo fratellastro lo guardava impotente. Ma una visione meramente autobiografica sarebbe certamente riduttiva, i Bewlay Brothers potrebbero essere altrettanto equivoci personaggi gay come demoni, o due frammenti di una personalità in frantumi. (Bowie intervistato nel 2000: “Non sono mai stato certo di quale ruolo avesse veramente Terry nella mia vita, se Terry fosse una persona reale o se invece avessi a che fare con un’altra parte di me.”)
La verità, se ne esiste una, non sarà mai svelata: è sepolta da qualche parte all’interno di quest’opera magistrale di Bowie, che come ricompensa regala schegge di immaginazione, parole chiave sussurrate in sogno, nomi di dipinti perduti: "tempo di arroganza per i Ragazzi della Luna”; “il volto arcigno sul pavimento della cattedrale”; “una bugia enorme quanto speravano”; “sovrani dell’oblio”; “si sono comprati le loro posizioni con saccarina e fiducia”; “la crosta del sole”.
Un senso di stanca sconfitta si avverte in un verso come “E il libro impenetrabile che abbiamo scritto/oggi non potrà essere trovato”.
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Lester Bangs: “Ho visto Bowie la notte scorsa.”
Lou Reed: “Beato te. E’ molto triste.”
LB: “Ti ha fregato tutti i riff, ovviamente.”
LR: “Tutti rubano i riff. Tu rubi i tuoi. David ha scritto canzoni veramente grandi.”
LB: “ Oh andiamo. Tutti sanno scrivere belle canzoni! Sam the Sham ha scritto grandi canzoni! David ha mai scritto qualcosa di meglio di ‘Wooly Bully’?
LR: “Hai mai ascoltato “The Bewlay Brothers”, testa di cazzo?”
(da “Let Us Now Praise Famous Death Dwarves,” Creem, March 1975.)
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Considerando il brano come una serie di coppie di note, la canzone inizia in due chiavi alternate, modulando dal Re al Mi minore e ritorno; la voce di Bowie all'interno di certi versi ha l’eco; il piano e la chitarra di Mick Ronson a tratti sono così distorti da confondersi l’uno con l’altra; Bowie costruisce i primi versi di ogni strofa a coppie di battiti in rima da una sillaba (p.es., "SO it GOES/we WORE the CLOTHES/they SAID the THINGS/that MADE it SEEM", ecc.); nei due intermezzi di chitarra le eleganti divagazioni della chitarra di Mick Ronson si contrappongono alle battute della chitarra acustica di Bowie. In chiusura l’alternarsi di Si minore e Fa, accordi che non si combinano tra loro (se il Si minore è la chiave, allora dovrebbe essere seguito da un Fa diesis, se la chiave è il Fa, dovrebbe trattarsi del Si bemolle): un binomio inconciliabile, così com’era tra i due fratelli.
La registrazione fu realizzata tra luglio e agosto del 1971. Un mixaggio alternativo del brano (decisamente differente dall’incisione dell’LP: le voci sono registrate a un volume molto più alto nella coda) fu inserito nel CD Ryko, rielaborazione di Hunky Dory. Bowie non eseguì più il brano fino al 2002, quando ne registrò una versione per la BBC radio, scherzando sul fatto che il testo aveva molte più parole di Guerra e Pace. Parlò da uomo che non avrebbe riconosciuto il sé stesso più giovane se lo avesse incrociato per strada.
(Immagine in apertura del post originale: King Lear di Peter Brook, 1971)
The Bewlay Brothers, i singoli versi così controversi a primo impatto mi hanno fatto immaginare tantissime cose. Forse è questa la potenza stessa della canzone, che quasi involontariamente evoca delle sensazioni da seguire attraverso il testo. Non nego che sarebbe interessantissimo seguire lo stesso sentiero, anche solo con la mente, che ha portato Bowie alla stesura del testo. Questa possibilità però è per noi solo una verità a cui poter aspirare.
RispondiEliminaCiao, molti brani di Bowie hanno questo potere, evocare altri mondi, riconoscibili eppure oscuri. Le domande continuano a nascere, c'è fin troppo da esplorare, ed è qualcosa che mi attrae e mi disturba allo stesso tempo. In fondo credo che la sua mente fosse meno complicata di quello che il suo linguaggio riuscisse a comunicare.
EliminaMa forse no.
(adesso però ho più strumenti per immaginarla, articolo super interessante)
RispondiEliminaSono contenta che sia piaciuto. Magari troverò qualche altra gemma dispersa nella rete, chissà.
EliminaUn saluto