"Mi capita di provare la stessa ripugnanza di quell'uomo che si uccise per non doversi più radere tutte le mattine. E tuttavia, il quotidiano, il quotidiano soltanto riesce a farmi aggrappare all'esistenza. Questi piccoli obblighi, questi ritmi sono formativi. Mi sono necessari. Mi liberano perché mi sottomettono. E' così: ho bisogno della schiavitù, delle regole di vita, dei ritmi. La mia libertà sopravvive soltanto all'interno di questa cornice. Allora, perché questa ripugnanza? Può darsi che il mio spirito non desideri veramente vivere? E' forse il lontano rumore di una tentazione profonda in ogni uomo, la tentazione del suicidio? Ogni minuto racchiude questa strana dualità. Il corpo é la vità, lo spirito é morte. La materia é l'essere, l'intelletto il nulla. E il segreto assoluto del pensiero é senza dubbio questo desiderio mai dimenticato di reimmergersi nella più estatica fusione con la materia, nel concreto tanto concreto da divenire astratto. La vita é forse questo passaggio, questa situazione tragica e instabile, questo nodo, questo punto che si muove sulla linea d'evoluzione dal nulla al nulla.
(...)
Anche rinunciare al piacere d'essere umili é duro. E' duro respingere questa parte di sé friabile, succulenta, generosa. E' duro sapere con esattezza ciò che si é. E' più facile lasciarsi andare a un esaltato affaccendarsi, ricevere lodi, dire a se stessi che si fa il bene. Questo lusinga. Questo permette momenti esaltanti. Al paragone di una simile civetteria, mi sembra molto preferibile l'orgoglio.
La pietà é intollerante, l'amore é tirannico, la virtù é ipocrita e la carità ingiuriosa. Se li paragoniamo a queste imbecilli virtù, i difetti sono meno aggressivi. Essi almeno non imbrogliano.
(...)
Povertà. Silenzio. Dolcezza. Non é nemmeno necessario essere lucidi. Nella pratica sistematica dell'illusione, c'é una povertà autentica e profonda. Sprofondato nel proprio gorgo, nella miserabile vertigine dell'immaginario, l'uomo può trovare questa umile pace, questa virtuosa riservatezza. Perché l'importante non sta nei livelli: ciò che é, é nell'essenza; e c'é una virtù della menzogna come c'é una virtù dell'esattezza. L'armatura, lo scheletro duro e indomabile dell'uomo, é questa fierezza che ha fatto il cammino a ritroso su se stessa ed é divenuta umiltà. Chi transige, chi mercanteggia con se stesso non é degno di essere piccolo. La volontà dell'infelicità non é facile: vuole essere portata fino in fondo, ha sete di infinito, desiderio di assoluto. Per essere abbandonato nudo e solo ci vuole passione e follia, come per essere grande fra i grandi. La gloria e l'infermità sono sovente della stessa natura: supremo orgoglio e suprema umiliazione tanto per l'una che per l'altra."
(J.M.G.Le Clézio, Estasi e Materia)
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