Come in una collana, diverse scene si susseguono una dopo l'altra, vivide e penetranti. Il morso del gatto, la festa, l'uscita "segreta" con Charlie, il ricordo di un incontro d'amore clandestino e il dolore della perdita, la visita all'amica, la violazione e il furto, l'orrore a casa del custode, e infine una specie di strappo come una presa di coscienza disperata e pacificante. Gli individui popolano le scene come misteriosi involucri, la cui apparenza confonde e mette continuamente alla prova tanto chi ha a che fare con loro quanto chi legge. La prefazione di Franzen è decisamente appassionata e mi aveva messo sulla difensiva, ma ho condiviso molte delle sue considerazioni. La scrittura di Paula Fox è diretta e potente. Ogni frase è li scarna ed essenziale e proprio per questo riverbera altro. Non c'è dialogo in cui non affiori la fatica di capire le ragioni dei gesti e delle parole degli altri, di un mondo che si sgretola e sembra scivolare nell'inciviltà e nel vuoto; il senso celato delle cose che accadono, che confondono con i loro significati segreti. Tutto questo ha tratti troppo familiari per non indurre a tornare indietro molte volte alle parole già lette, scavarle, e sperare di scoprirne altri.
"Su uno dei comodini c'era una pila di romanzi gialli nelle loro copertine economiche simili a quelle delle caramelle.
"Chi li legge? Tu o Flo?",
"Io", rispose con un sospiro e facendosi seducente.
"Per me vanno bene. Passano come un carro armato sopra a ciò che vivo. Uomini potenti. Donne palpitanti... la mente di un assassino esposta come il contenuto di un astuccio di matite per bambini".
"Non stai leggendo quelli giusti".
"Quelli nuovi sono quelli vecchi. La falsa complessità è soltanto un altro tipo di astuccio".
"Cosa succederà?", sbottò lei. "Tutto sta andando al diavolo".
(Quello che rimane, Paula Fox, Fazi Editore, pag.39)
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