Figli, ma più nel senso di maternità come ruolo, come guscio che racchiude e che ti esclude dal mondo.
Rapporto con la maternità propria e altrui, incandescenza della propria percezione di capacità/incapacità/inadeguatezza nel senso di non possesso del diritto di insegnare alcunchè.
Separazione e divorzio, impossibilità di rinunciare al padre dei figli e di sottrarre loro la paternità.
Sensazione di poter scivolare in un territorio abitato da desolazione rituali e menzogne ancora più temibili dell'ipcocrisia matrimoniale e/o genitoriale.
Prospettiva dei figli randagi, privi di riferimenti per quanto fragili e soggetti a errore. Donne separate randagie.
Ciò che ti mostra debole è probabilmente la sensazione di non avere il diritto di violare una configurazione di base.
Ciò che ti fa sentire disarmato è la sensazione della menzogna nel trasmettere regole in cui non credi.
Timore/terrore/orrore di esercitare un controllo per il quale non ti senti autorizzato (regole che sai di non avere mai accettato).
Maternità e rapporto con la propria madre, assenza di una paternità o paternità flebile o autoritaria o persecutoria. Maternità eccessiva e maternità deviata, morbosa, psicotica o assente.
Paternità assente o in alternativa violenta.
Voglia di non controllo, delusione dei propri figli, coscienza matura delle debolezze dei propri genitori.
Aborto, desertificazione interiore, ossessione della maternità come desiderio autoimmune
Solitudine dell'essere procreatore
Percezione di sè stessi come DNA da riproduzione, sacchi di cellule funzionali alla vita in sé stessa.
Trovo dolorosamente vera la tua percezione. Coraggiosa, anche.
RispondiEliminaLa scrittura per me è come una falce, sfronda tutte le sovrastrutture, porta alla luce l'essenza delle cose, delle situazioni. Vorrei avere questa chiarezza e questo coraggio nella vita reale. Paradossalmente ciò che mi fa apparire forte scrivendo è proprio ciò che mi indebolisce nella realtà.
EliminaGrazie sempre Ettore
Elena