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23 giugno 2016

1984

Di distopia non potremmo nemmeno parlare se il mondo descritto in questo romanzo è fatto di  così tanti elementi già radicati a fondo nel nostro presente: il controllo fisico e psichico, la costante presenza di telecamere, la cancellazione della memoria collettiva e individuale e la riscrittura costante della storia come strumento di propaganda politica, la costrizione a vivere nella violenza e nel controllo reciproco. 

Questo mondo infarcito di tecnologia e così familiare, già ci soffoca, ci inghiotte. 

Mi sembra anche che non sia esatto parlare di fantascienza, quanto piuttosto - in uno stile imbastito sulla semplicità di un tono puramente narrativo, inserito tra le righe e quasi sottobanco per ingannare il Grande Fratello - un saggio sul linguaggio, sulla relazione tra linguaggio e pensiero, tra linguaggio e coscienza.

La neolingua, la deprivazione premeditata costante e progressiva del lessico, l'introduzione di neologismi costruiti ad arte, le abbreviazioni e gli accorpamenti improbabili, è innegabile, ci stanno con il fiato sul collo.

Ed è proprio la neolingua la vera arma utilizzata nella storia, forse più efficace e disumanizzante delle torture, se è vero ciò che afferma Orwell, che senza parole sufficienti e adeguate non è possibile esprimere un pensiero articolato, e che eliminando intere sezioni dal vocabolario, l'uomo sarà progressivamente impossibilitato non solo ad enunciare concetti di una certa complessità ma anche a pensare in modo difforme da ciò che le poche parole a sua disposizione sono in grado di descrivere.

L'epilogo è già tra noi. A un vocabolario da chat già ci siamo già adeguati, e sul Grande Fratello Orwell si è rivelato addirittura ottimista. Lo abbiamo non solo accettato, ma amato fin dal principio, e senza bisogno di torture.

2 commenti:

  1. Bella analisi. Condivido soprattutto l’amara conclusione. Viviamo in una società in cui siamo schiavi che esultano all’invenzione di nuove catene. È terribile ma non insolito. Credo che l’umanità detesti la libertà.

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  2. Già. La libertà spaventa, probabilmente perché amplifica il senso di solitudine. Ma l'illusione di poter essere meno soli si paga a caro prezzo.

    Grazie Ettore
    Elena

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