Eppure pulsa e batte come il mistero liquido in questa musica che ora mi accompagna: le composizioni stratificate e impossibili da decifrare in pochi ascolti, di Jeff Buckley (Non fatevi ingannare da quella voce che apparentemente tutto soverchia, o da una parvenza di semplicità, bisogna cercare un pò al di sotto della calda coperta di suoni segreti e di fragili armonie che ha il coraggio di osare, consacrarsi e raccogliere qualcosa di stupefacente ad ogni ascolto, in ciascun brano, e, in ogni singola versione dello stesso brano).
Sto scoprendo con intensa gioia che alcune scrittrici del passato si dedicavano al disegno.
Sylvia Plath per esempio. Praticandolo provava quel senso di pace "simile alla preghiera" in cui mi riconosco, e che evidentemente la scrittura non dà - scrivere è sfiancante, scrivere è un tributo che ogni persona che vi si dedichi con serietà sente di dover pagare a se stesso, pena quella ben nota frustrazione, e un bruciante senso di colpa.
Flannery O'Connor affermava che il disegno può aiutare a sviluppare lo spirito di osservazione utile a uno scrittore. E' certamente vero, anche se ho l'impressione che delle due cose l'una rappresenti lo smarrimento dell'altra.
Non mi sorprende dunque che numerosi scrittori e poeti abbiano sentito la necessità di disegnare e dipingere. E qualcosa mi dice che c'è ancora di mezzo lo sconforto dello scrittore.
Disegnare può essere appagante e perfino suscitare autentica gioia quando riesci con pochi segni a far emergere una visione, e le parole invece ti tradiscono.
"Ieri ho disegnato un bell'ombrello e una bottiglia di Chianti" (Sylvia Plath) |
"Brutte scarpe e una bottiglia di Beaujolais. Comincio a vedere l'infinito in un granello di sabbia" |
Da Sylvia Plath Drawings
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